I governi di Uganda e Tanzania hanno firmato un accordo con le compagnie petrolifere per la costruzione di un enorme oleodotto lungo 1.445 km che avrebbe conseguenze ambientali e sociali drastiche.
L’East African Crude oil project Pipeline (Eacop) è un gigantesco oleodotto riscaldato che trasporterà il petrolio greggio dall’Uganda occidentale a Tanga, sulla costa tanzaniana dell’oceano Indiano per poi essere spedito nei mercati internazionali. Contro tale progetto lottano da anni diverse organizzazioni ambientaliste internazionali e della società civile ugandese, anche attraverso la campagna #StopEACOP.
L’Eacop partendo dal parco nazionale delle cascate Murchison attraverserà diverse riserve naturali con forti rischi per la biodiversità e la sopravvivenza di alcune specie di animali rare, attraverserà 230 fiumi e costeggerà bacini idrici cruciali come il lago Alberto e il lago Vittoria (il più grande d’Africa) con alti rischi di inquinamento in caso di perdite e per la sua realizzazione sarà necessario lo spostamento di almeno 12mila famiglie di varie comunità che potrebbe creare tensioni etniche.
Ben 38 movimenti della società civile ugandesi e tanzaniani hanno scritto una lettera di protesta ai governi pochi giorni dopo la firma, mentre qualche settimana prima più di 260 organizzazioni africane e internazionali hanno inviato una lettera aperta a 25 banche commerciali esortandole a non finanziare la costruzione dell’oleodotto tentando di tagliarne i fondi. Alcune come Barclays, Credit Suisse e la sudafricana Standard Bank si sono tirate indietro.
La battaglia degli attivisti climatici – e in difesa degli habitat naturali e di villaggi e popolazioni locali – è perciò in corso. E il primo obbiettivo sono le banche, ovvero togliere risorse finanziarie al progetto. Basti pensare che, stando a The East African, la sola Uganda ha bisogno di oltre 700 milioni di dollari per finanziare la sua partecipazione alle varie infrastrutture legate ad EACOP.
Motivo per cui i promotori di #StopEACOP hanno preparato e inviato una lunga lettera ad alcuni soggetti chiave, gli istituti di credito. Primi destinatari sono infatti le tre banche che operano in qualità di consulenti, incaricate della raccolta finanziaria per il progetto: Standard Bank, Sumitomo Mitsui Banking Corporation e Industrial and Commercial Bank of China. E poi la missiva è stata indirizzata a 22 banche che hanno recentemente fornito finanziamenti a Total e CNOOC.
Dopo Swiss Re, Zurich e Axa e Scor, anche il riassicuratore tedesco Hannover Re ha affermato di non voler avere a che fare con il progetto. Di fronte all’East African Crude Oil Pipeline hanno voltato le spalle anche una quindicina di banche, tra le quali Barclays, HSBC e BNP Paribas.
La SACE (agenzia di credito all'esportazione italiana) sta valutando di assicurare il controverso progetto. Insomma, soldi pubblici per l’ennesimo scempio ambientale nel continente africano.